"Amici miei, non so se ridere o piangere! Certo il terzo posto alle spalle di campioni come Lauda e Prost è un bel risultato. Rimane però il fatto che l'anno scorso avrei lottare di più per il titolo. Una stagione, insomma, bella variabile".
LA CLASSIFICA FINALE di un campionato del mondo ha sempre tante chiavi di lettura. Per Elio De Angelis, in particolare, il confine tra la rabbia e la soddisfazione più grossa si può dire che sia perlomeno «sfumato». Elio, al termine di una stagione comunque indimenticabile, ha riportato un italiano sul podio iridato, con un terzo posto finale cui non si era più abituati. Successe, l’ultima volta, addirittura 27 anni fa e a darci questa soddisfazione fu Luigi Musso, il grande campione scomparso che sulla sua strada, un po’ come Elio quest’anno, si era trovato i Lauda e i Prost di allora, cioè Fangio e Moss. Eppure a De Angelis nemmeno il sapere di essere stato, in fondo, il primo degli «umani» in una stagione marchiata dai «marziani» della Mc Laren ha comunque lasciato amaro in bocca. Si, perché a sei Gran Premi dalla fine era ancora nelle condizioni di entrare nella lotta assoluta dopo aver saputo, da brava formichina, accumulare nei primi dieci Gran Premi punti in ben 9 occasioni. In quel momento, per lui, si trattava di cambiare tattica: passare all’attacco. E lì i nodi sono venuti al pettine perché la sua pur efficiente Lotus, le sue Goodyear, il suo motore Renault, hanno mostrato la corda di una competitività tale solo nei confronti del resto dei contendenti perché con le bianco-rosse Mc Laren la musica era ben diversa.
In ogni caso Elio ci ha fatto sognare e ben lo ha dimostrato la valanga di domande che hanno voluto porgli direttamente i lettori e di cui pubblichiamo una scelta qui di seguito con le risposte sempre azzeccate del campione della Lotus.
All’inizio dell’anno hai detto che avresti vinto il campionato del mondo. E adesso cosa dici? (Claudio Gnoli, Milano)
Veramente ho detto così? Io non mi ricordo. No, non penso proprio di averlo detto, avrò fatto delle premesse: se ci fosse stata la macchina, le gomme e le condizioni necessarie, probabilmente avrei vinto il mondiale. È questo che ho detto.
Sei soddisfatto della stagione 1984? (Federico Rossi, Genova)
Il bilancio finale è abbastanza positivo, anche se le mie ambizioni andavano oltre il terzo posto. Mi è mancata una vittoria, ma anche se avessi vinto un gran premio sarebbe cambiato ben poco vista la superiorità delle Mc Laren. Nella prima parte del campionato abbiamo subito la maggior competitività delle Michelin rispetto alle nostre Goodyear, poi, verso la fine, abbiamo avuto problemi con il motore Renault. Spero meglio per l’85.
È vero che la Renault vi fornisce motori meno competitivi di quelli montati sulle vetture francesi? (Alessio Sarni, Torino)
No, non è vero. La Renault quest’anno ci ha trattato molto bene, anzi, devo dire che in alcune occasioni si è anche sacrificata fornendoci del materiale che in teoria non avrebbe dovuto darci. L’assistenza è ottima, anche se, come capita con tutte le squadre che corrono con motore proprio, è ovvio che il lavoro di sviluppo viene svolto sulle macchine della Renault e non sulle Lotus. È quindi scontato che le prime cose che vanno un po’ meglio, così come quelle che vanno un po’ peggio, le hanno prima loro di noi.
Come sarebbero andate le cose se aveste potuto disporre delle Michelin? (Gianluigi Renzi, Venezia)
Sono andato vicino a vincere con le Goodyear; con le Michelin avrei probabilmente stravinto. Mi riferisco in particolare a Detroit, Hockenheim e Zeltweg.
Cosa ti aspettavi dalla tua Lotus-Renault? (Giordano Violi, Bologna)
La macchina ha fatto la sua parte. Noi non siamo una squadra come la Ferrari, come la Renault, come la Brabham, come la Mc Laren… che hanno dei mezzi a disposizione davvero incredibili. Noi questi soldi non li abbiamo ma, grazie anche a Peter Warr che ha saputo tirar fuori il massimo dal minimo, devo dire che i risultati sono stati abbastanza soddisfacenti. Con un po’ di fortuna quest’anno avrei potuto vincere un paio di corse.
Cosa avresti potuto fare con una Mc Laren? (Ercole Strazzi, Napoli)
Penso che quest’anno chiunque tra i migliori otto piloti del mondo avrebbe potuto vincere il titolo mondiale al volante di una Mc Laren.
A parità di competitività, cambieresti la tua Lotus per una Ferrari? (Bernardo Zani, Parma)
È una domanda difficile. Ho cominciato con la Lotus; sono stati loro a darmi l‘opportunità di arrivare in Formula 1. Non ho mai preso in considerazione la Ferrari, perché cinque anni fa i tempi non erano maturi. Oggi le cose sono cambiate visto che Alboreto, un italiano, corre per la Ferrari. È difficile rispondere… Mi piacerebbe prima vincere con la Lotus, poi andare alla Ferrari.
Ripercorrendo le tappe della tua carriera, quali sono gli errori che non commetteresti? (Luca Provenghi, Verbania)
Di errori ne ho fatti tanti… Forse eviterei la Formula 2, perché ho rischiato moltissimo in Formula 2, anche di bruciare lì la mia carriera. Ho visto poi, con i giovani che sono venuti fuori in questi ultimi anni, che questa Formula 2 non è poi così essenziale.
Si dice che Chapman non sia morto. Cosa ne pensi di queste voci? (Mirko Zanetti, Lucca)
Io penso che siano tutte bugie. Non ci credo perché sono stato ai funerali di Chapman e… non che io possa garantire, ma credo che queste siano solo voci messe in giro dalla stampa inglese per fare notizia, per fare scandalo.
Sei stato uno dei piloti più amati da Chapman. Tu stesso lo hai definito come un padre. Cosa significa per te aver regalato l’ultima vittoria a questo grande uomo? (Osvaldo Cardinali, Bari)
Moltissimo. Fino allora Chapman mi aveva sempre considerato quasi un accessorio della macchina e i nostri rapporti sul piano umano erano sempre stati abbastanza freddi. Dopo la vittoria in Austria io l’ho visto anche in lacrime, quindi le cose erano cambiate… Mi ha paragonato a Clark, ha detto delle cose molto belle nei miei confronti. Probabilmente, se non fosse morto, sarebbe stato l’inizio di un rapporto fantastico, un rapporto che è molto difficile ritrovare adesso, nelle corse come sono fatte oggi. Poi il solo fatto di essere considerato da Chapman, per uno come me che fin da giovane pensava a Clark come il più bravo e a Chapman come il genio, era la realizzazione di un sogno.
Nel rilancio della Lotus e della tua carriera di pilota, in che misura ha contribuito l’apporto di Gerard Ducarouge? (Roberto De Simone, Roma)
In misura determinante. Senza di lui probabilmente sarebbero ancora giorni oscuri. Con lui finalmente la squadra ha cambiato mentalità, con lui sono arrivate nuove idee; quindi, Gerard ha contribuito in maniera senz’altro determinante a questa rinascita.
Avendoli conosciuti entrambi, ti trovi meglio ora con Ducarouge o prima con Chapman? (Giampiero Alberti, Pesaro)
Sono due persone completamente diverse. Chapman, era, diciamo, “il Ferrari inglese” e tra me e lui c’era una differenza d’età notevole: lui era un padre e io un figlio, praticamente. È un rapporto completamente diverso. Chapman era un empirico, uno che provava, che sperimentava per il piacere puro della sperimentazione; qualche volta si dimenticava perfino che c’erano le corse. A lui piaceva moltissimo portare la macchina al massimo della competitività scegliendo strade magari difficilissime, aprendo strade nuove. Gerard invece è un uomo “competitivo”, uno al quale piacciono le corse. È una persona estremamente umana con la quale mi trovo molto bene. Con Ducarouge mi son trovato sempre bene fin dall’inizio, mentre con Chapman nei primi tempi il rapporto era difficile.
Cosa pensi di Mansell come pilota? Sei più bravo tu o lui? (Elio Club, Monza)
È un pilota molto bravo, direi anche abbastanza veloce. Purtroppo, gli manca ancora qualcosa, l’esperienza necessaria, forse la “testa” necessaria, per portare a termine dei risultati già acquisiti, come a Montecarlo quest’anno. Gli manca quel qualcosa che gli potrebbe far fare il salto di qualità. È difficile dare un giudizio sui propri colleghi, ma penso che dopo cinque anni alla Lotus la risposta sia chiara.
Come sono stati i tuoi rapporti con Nigel? (Gianluca Zaniboni, Minerbio)
Con lui ci sono stati dei problemi. Qualche volta è un ragazzo un po’ strano, penso che abbia avuto dei complessi nei miei confronti. Abbiamo due caratteri diversi, un “background” completamente diverso… Certamente non è una persona con la quale esco volentieri a cena.
Il prossimo anno avrai un nuovo compagno di squadra, Ayrton Senna. Cosa ne pensi di lui? (Edoardo Pieri, Calenzano)
Lo conosco poco, anche se a giudicare dai risultati di quest’anno è uno che va molto bene. Spero di instaurare un buon rapporto con lui. Dovrebbe essere più facile con Senna che con Mansell, visto che lui è brasiliano e quindi siamo entrambi latini.
Chi vorresti avere come compagno di squadra, e perché? (Luigi Zuffa, Trieste)
Niki Lauda, perché è un pilota intelligente, è un pilota che ha creduto in me all’inizio della mia carriera, è uno che ha una parola sola in corsa ed è molto bravo nello sviluppo della macchina.
Dopo cinque anni alla Lotus, ti senti legato affettivamente a questo team o lo ritieni uno dei tanti? (Francesco Bollati, Rimini)
No, assolutamente. La Lotus è stata la prima casa che mi ha dato l’opportunità di salire su una macchina veramente vincente. Devo qualcosa anche alla Ferrari che per prima mi ha dato la possibilità di salire su una Formula 1, facendomi fare dei test a Fiorano, però devo molto alla Lotus. Mi sento bene con loro, non è come correre per un team qualsiasi: la squadra mi sente, io sento la squadra. Per me vincere per la Lotus sarebbe molto importante.
Non ti senti un po’ una bandiera della Lotus? (Giorgio Vismare, Como)
Certo, mi sento una bandiera e sono per loro una bandiera, perché dopo quattro anni di astinenza li ho riportati a vincere un gran premio, in Austria nell’82. Loro mi trattano veramente come un pilota, un pilota nel vero senso della parola. Mi mettono a disposizione qualsiasi cosa e cercano di trattarmi nel miglior modo possibile, e io, nello stesso tempo, ricambio professionalmente queste attenzioni che loro hanno per me.
Ti hanno affibbiato l’etichetta di «pilota-playboy»… (Felice Masi, Ancona)
Se ne dicono tante… Alla gente piace immedesimarsi nei piloti e in ognuno di questi personaggi vede qualcosa. Forse per il solo fatto che a volte mi vesto abbastanza bene o c’è qualche ragazza carina vicino a me, subito mi appioppano l’etichetta del playboy. In realtà la mia vita è abbastanza dura, soprattutto quest’anno che ci sono tante prove e tante corse. Non è facile la vita del pilota; la gente, come ho già detto, cerca di immedesimarsi e si immagina un mondo di fate e di maghi. Non è vero niente, siamo dei professionisti e cerchiamo di fare il massimo nel nostro lavoro.
Quali sono i tuoi obbiettivi personali e qual è il tuo più grande sogno? (Roberta e Daniela, Ferrara)
Il mio obbiettivo è quello di vincere il titolo mondiale. Il mio “sogno” sarebbe quello di vincere il campionato del mondo con la Lotus e andare poi a correre con la Ferrari.
Ti abbiamo visto suonare il pianoforte in televisione. Com’è nata in te questa passione? (Sandro Marzi, Savona)
Avevo sei anni quando ho cominciato a suonare classico, poi ho smesso e ho ripreso da solo. Adesso sono quasi sedici anni che suono il piano. Mi piace, è una carriera che forse vorrei intraprendere non appena mi sarà passata la febbre della velocità.
© 1985 Autosprint • Intervista a cura dei Lettori Autosprint • Si ringrazia a Mario Pizzi • Published for entertainment and educational purposes, no copyright infringement is intended