Il giorno 15 maggio di trentasei anni fa ci lasciava de Angelis, a seguito di un incidente nei test privati al Ricard. In queste pagine il fratello Roberto traccia un commovente ricordo che è anche il ritratto fedele di un ragazzo talentuoso, amante dell’arte e dotato di un'eccezionale capacità al volante.
Trentasei anni dalla scomparsa di Elio de Angelis non hanno minimamente intaccato ricordo, nostalgia e piacere della rimembranza. Al contrario, addirittura ne amplificano i valori, il vissuto, un’esistenza e una carriera brevi ma ricche di talento e talenti, traguardi e identità umanamente fondanti.
E comunque, a voler cercare l’anniversario tondo e felice, quest’estate si festeggeranno i quarant’anni esatti dal primo successo iridato di Elio in F.1, in Austria con la Lotus 91, quando batté d’un’incollatura il futuro campione del mondo Keke Rosberg su Williams, regalando al mitico Colin Chapman l’ultimo trionfo di una sequenza antica e leggendaria.
E, parlare di Elio, classe 1958, col fratello Roberto, di un anno più giovane e da sempre facente funzioni di gemello ideale, regala i brividi. Poiché egli possiede allo stesso tempo il dono dell’alterità e della terzietà rispetto al compianto campione ma anche una visione interiore empatica e a lui omogenea, tanto da riuscire a rappresentarlo, a tratti perfino incarnandolo. Restituendoci le sue storie, la sua sensibilità, le sue ragioni. Regalando aneddoti e punti di vista meravigliosamente attribuibili a entrambi:
Sì, mi piace sempre parlare di Elio e ancor più in un momento come questo, in cui si percepisce benissimo che il suo ricordo è così caro, grato e apprezzato a chi lo ha conosciuto e anche a chi lo sta scoprendo solo ora, a ritroso.
I campioni sono sempre campioni ma è anche vero che talenti a misura d’uomo come Elio adesso non ve ne sono più, proprio perché i big di oggi per varie ragioni appaiono sempre più lontani dalla realtà.
Una volta il top driver era eroe, c’era il Rischio e la propensione a curare valori come l’apertura e l’amicizia. Elio era pronto a legare coi giornalisti, con gli appassionati e pure con i meccanici, alla pari dei suoi colleghi più simpatici e aperti. Adesso no, vivono quasi tutti in una specie di bolla, su di un piedistallo lontano dalla vera condivisione con gli appassionati. Non critico nessuno, per carità, ma esprimo un’analisi e spiego perché Elio, qui e ora, viene rivissuto e riletto dagli amanti del Motorsport quale figura che con gli anni ha assunto ancora più valore per il suo modo d’essere, oltre che per il talento al volante.
Come definiresti Elio?
Un ragazzo semplice, che dalla vita ha tanti doni e l’opportunità di seguire le sue inclinazioni. E i suoi talenti più belli non sono materiali, ma spirituali. Elio fin da bambino non fa che disegnare macchine, specie macchine da corsa, e le rappresenta stupendamente. Ama anche le competizioni, ovvio, ma allo stesso tempo ha il dono della musica, di saper suonare il pianoforte e anche di comporre. Elio è un artista e allo stesso tempo un ragazzo intelligente, colto, sensibile e buono. Ecco, forse anche troppo buono. Capace di credere nell’onestà delle persone quando ciò non è sempre così automatico. In ogni caso, Elio è un top driver della F.1 Anni ’80 che però crede nelle sue capacità e nel suo modo di porsi, sincero e diretto. Non è un “politico”, nella squadra, limita alla pista il campo d’impegno e non ama lavorarsi il team o tessere trame. In questa sua purezza io trovo – e non solo io -, un importante e fondamentale valore aggiunto.
Sì, Elio come Gilles Villeneuve, in fondo, è un pilota etico. Uno che crede e ci crede. Rispettoso del fair play. Eppure, noto nella dolcezza del tuo ricordo a anche una venatura diversa, che va oltre…
Be’, non possiamo dimenticare che nel pieno della stagione 1985, ovvero al culmine della sua storia agonistica, quando è stato da poco leader del mondiale, Elio viene tradito dalla Lotus, che da lì in poi gli preferisce Senna. Certo, Ayrton era Ayrton, andava fortissimo, era un campione dal DNA diverso da quello degli altri, però a inizio stagione Elio aveva dimostrato anche di poter essere più efficace e comunque adatto alla guida in GP in cui bisognava rispettare i dettami del consumo calmierato di benzina. E quando in Lotus chiariscono che ci sono strumenti e i mezzi per servire un solo top driver, Elio è costretto ad andarsene in chiave 1986 alla Brabham, che sembra un buon team. Ma che invece con la Bt55, la cosiddetta Sogliola, mette in pista una cavolata di macchina con la quale lui finisce col lasciarci la pelle.
Iniziare questo ricordo con la fine di Elio può sembrare strano, ma lasciamo scorrere naturale il flusso della coscienza, Roberto…
Parlo liberamente, come a un amico, e mi viene da dire che Elio è ricordato da tanti in modo così accorato e partecipato anche perché, oltre ad avere tanti talenti, ha avuto un’immensa sfortuna, che ha reso la sua una storia spezzata. Tanto che gli standard di sicurezza sono cambiati, dopo il suo incidente nei test del Ricard, laddove, oltre a mancare l’elisoccorso, non c’erano neppure dotazioni estinguenti adeguate per i marshal, che avevano i pantaloncini corti e piccoli estintori in mano, del tutto incapaci di spegnere le fiamme di un incendio vero, tanto che per farlo fu necessario chiamare i pompieri da un villaggio vicino. Voglio dire che nelle corse e nella vita ci sono delle sliding doors, delle porte girevoli, snodi del destino che poi ti collocano bene o malissimo. E con la sorte Elio è stata spietata. E ti dico anche che quando guardo la F.1 moderna e vedo l’incidente di Grosjean in Bahrein 2020, non mi capacito di capire come è possibile che utilizzino ancora oggi rail a più lame, col francese che si è trovato mezza macchina da una parte e mezza dall’altra e lui salvo nel bel mezzo …
E neanche mi viene da giustificare nessuno quando vedo monoposto sfrecciare a oltre 300 all’ora tra i muri di un tracciato cittadino come Jeddah… Forse non sono ancora state capite le lezioni che il fato ha impartito, nella storia della F.1? Sai, mi dico, a volte, il destino è stato mille volte ingiusto privandoci di Elio, proprio perché era uno che ha sempre corso usando tanto la testa.
Di fatto non sbagliando mai in modo serio, correndo in modo efficacissimo, ma sempre cerebrale. Elio era un pilota completo, velocissimo, consistente, iper-razionale. Mai è stato protagonista di un incidente al via e ha sempre avuto una visione ampia e periferica nella gestione della corsa. Per questo, dal punto di vista dell’approccio mentale, Elio è un campione moderno, con lo sguardo nel futuro e compatibile con questa epoca. In questa è la sua attualità, che convive con la sua eccezionalità di uomo.
Ben 108 GP disputali, due vinti, 10 podio, tre pole position dal 1979 al 1986. Proviamo a pensare a un destino diverso. Oggi Elio avrebbe 64 anni. Sarebbe forse un imprenditore?
Possibile. O magari starebbe ancora nel mondo della F.1 con una scuderia tutta sua, chissà. Penso che però, se fosse riuscito a coronare il sogno di diventare campione del mondo, si sarebbe poi dedicato ad altro. Avrebbe riposizionato l’asticella e cercato nuove sfide, anche del tutto diverse.
Elio era fidanzato con una bellissima e raffinata modella tedesca, Ute Kittelberger.
Pensa, Ute purtroppo è mancata alla fine del luglio scorso, di morte inattesa e improvvisa. Nel 2021 se n’è andata lei e poco prima un suo grande amico, Mario Aguglia, suo compagno di classe. Ute si era sposata, aveva tre figli e negli ultimi anni avevamo ripreso i contatti, fino al giorno della scomparsa.
Perché Elio era Elio?
Ti dico una cosa semplice. Siamo bambini e la nostra famiglia ai Parioli vive in uno stabile in cui c’è anche l’appartamento di nonna, la quale è professoressa di musica. Elio non può che apprendere le delizie del pentagramma, mettendosi ben presto addirittura a comporre, amando la musica moderna col piglio dell’artista. In lui si evidenzia subito una propensione eclettica portata all’arte, come dicevo, al disegno, alla musica. È un ragazzo colto, aperto, ricco di stile e anche di capacità che trovano sfogo importante anche con i primi approcci al mondo del Motorsport.
Come inizia la vostra storia di famiglia nelle corse?
In principio ci fu nostro padre Giulio che prendeva parte a corse poco più che locali, con vetture Turismo, in salite tipo la Vermicino-Rocca di Papa.
Poi il nonno gli proibì le gare in auto perché troppo pericolose e lui si dette alla motonautica (peraltro ancor più rischiosa), diventando un campione di livello mondiale. L’essere nati in una famiglia in cui si respirava questo gusto per le competizioni ha poi portato me e Elio, da sempre molto uniti, a cominciare la carriera in kart, fino a che lui è passato in F.3, nel 1977, dando inizio all’ascesa in auto che lo ha collocato su un piano diverso. Parallelamente io mi sono dedicato all’attività imprenditoriale, diventando comunque il suo primo tifoso, alla pari con mio padre.
Elio dimostra di andare subito fortissimo – dopo che era stato kartista di fama Internazionale -, diventando campione italiano di F.3 nel 1977.
Aveva una Chevron, che alternava a una Ralt, per i circuiti veloci. La prima annata è una gran lotta con Piercarlo Ghinzani per il titolo nazionale, con vittorie al Mugello e al GP Lotteria di Monza, per giocarsi tutto a Magione, in uno shoot-out drammatico, visto che per un problema mio fratello resta escluso dalla finale e riesce a partire solo perché gli cede il posto Niccolini. Fatto sta che sul piccolo toboga umbro Elio inscena la corsa della vita, rimonta come un forsennato, passa in testa a due giri della fine e va a vincere gara e titolo, lanciandosi in F.2 e non solo…
Il 1978 è l’anno della Chevron-Ferrari in F.2, del trionfo a Montecarlo F.3 e del test a Fiorano con la Ferrari 312 T3 di F.1, che fanno sognare, ma…
Il successo F.3 a Montecarlo, tutto grinta e rimonta, lo lancia … Ma Enzo Ferrari voleva che Elio si facesse le ossa in F.1 prima con la Surtees e mio padre non era d’accordo, giudicando la macchina inglese davvero poco valida. Da qui le strade del Cavallino e di Elio si separano e per il 1979 si stringe l’accordo con la Shadow, squadra in declino, però pur sempre una preziosa occasione per incamerare esperienza.
Elio è settimo al debutto in F.1 in Argentina, quindi a Watkins Glen disputa un’altra corsa da mito, giungendo quarto, con due gomme d’asciutto e due da bagnato. Ai box tuo padre Giulio giro dopo giro con una mano conta le posizioni e con l’altra fa le corna, per scaramanzia…
Ahahahah, ci sta, è un’immagine nella quale lo rivedo! Sì, al Glen 1979 Elio fa un miracolo e poi, dopo un test di preselezione, si guadagna la Lotus per il 1980, al fianco del grande Mario Andretti. E del 1979 voglio evidenziare anche la prodezza di Elio nella corsa del monomarca Procar con le Bmw M1, a Zolder, quando mostra grandi doti naturali, dando una lezione ai big della F.1 in gara quel giorno, a perfetta parità di macchina.
Pure la Lotus è una squadra in china discendente, nel mondiale, con Colin Chapman che cerca nuovi colpi di genio e li trova nel 1981 auspicabilmente con la rivoluzionaria 88 a doppio telaio, che viene però proibita dalla Federazione.
Alla Lotus già nel 1980 mio fratello stabilisce un gran rapporto con Mario Andretti, che riconosce a più riprese il suo talento. E gli dà una mano, insegnandogli come gestire le parti delicate della Lotus, in primis il cambio. Elio mediamente si dimostra più veloce ed efficace di Mario e nel 1981 diventa la prima guida, anche se resta vittima del caso relativo alla 88. La quale, per inciso, non gli piaceva, secondo lui non andava neanche a calci, tanto che quando viene vietata tira un sospiro di sollievo.
La vettura ad interim, la 87, in realtà si dimostra molto più efficace del modello 91 dell’anno dopo, il 1982, che viene però salvato dalla grande giornata di Zeltweg, col volatone vinto su Keke Rosberg.
Una meravigliosa domenica di sport e anche nella storia quale ultimo GP vinto dalla Lotus alla presenza del fondatore Colin Chapman. Mio Dio quanto ha sudato, Elio, per riuscire a conquistare il suo primo centro in un Gran Premio!
Elio continua a dimostrarsi pilota consistente, ma anche manico amante dei circuiti veri, tipo lnterlagos, Spa, Osterreichring, Hochenheim, Monza…
Vero, a lui non piacevano i toboga. Montecarlo, per esempio, lo considerava una giostra. Amava altresì le piste che davano margine all’uomo, quelle su cui il pilota poteva ancora fare la differenza.
La coabitazione col debuttante Nigel Mansell, pur di cinque anni più vecchio di Elio, non gli dà alcun problema, visto che lo sovrasta.
All’inizio, nel 1981, alla prima annata completa in F.1, Nigel non ha ancora molto del campione che poi diventerà. Diciamo che sui tracciati tosti prende circa 1″5 al giro da mio fratello che gli dà il soprannome di “Mansueto”. Il britannico invece si difende proprio sui circuiti sinuosi e da lì in avanti progressivamente migliorerà, fino a esplodere alla Williams, dalla seconda metà degli Anni ’80.
La grande occasione Elio la ha nel 1985, con una buona Lotus, dotata di un motore Renault potente in prova anche se assetato in gara. Ma il problema diventa ben presto la convivenza agonistica e politica col nuovo arrivato, Ayrton Senna.
Senna è un brutto cliente, in pista – perché si dimostra subito velocissimo ed eccezionale come pilota – e anche fuori dalla macchina ci sa fare. Specie nel portare ben presto il team tutto dalla sua parte. In altre parole, è un campione dotato di una grinta fantastica in gara, mentre fuori sul piano della correttezza è border line. Tanto che nei primi GP della stagione 1985 Elio a livello di punti si dimostra il più efficace, considerando che dopo Imola è in testa addirittura al mondiale, ma questo non gli serve a mantenere la leadership nella squadra, che diventa un feudo di Ayrton.
Il trionfo di Elio a Imola, peraltro a tavolino, col vincitore Prost squalificato perché sottopeso, fa perdere le staffe ad Ayrton, che vi apostrofa in malo modo.
A Imola per la gara ad Elio viene dato il motore nuovo, che consuma di meno, mentre Ayrton va con l’altro, producendosi in una gran performance iniziale, che però lo porta a rimanere a piedi a pochi giri dalla fine, in panne secca.
Mio fratello invece corre con gli occhi ai consumi e alla fine ha ragione, godendo della vittoria, anche se a seguito della squalifica di Prost.
Ed è lì che, incontrandoci, Ayrton ci accusa di aver avuto quel motore in quanto eravamo la “solita mafia italiana”, ma sono cose che scappano nell’eccitazione del momento. In realtà Elio, come diceva lui, aveva corso da tassista, ma aveva funzionato alla grande! Poi, dopo la bella pole in Canada 1985, la storia è andata come è andata. Ayrton nel team è cresciuto sempre di più, a tal punto che Elio ha dovuto trovare un’altra sistemazione, finendo alla Brabham. Il resto, purtroppo, è noto.
E vostra mamma?
Mamma, ti sembrerà strano, ha accettato meglio di tutti noi la perdita di Elio. Lui in realtà era il vero perno per la nostra famiglia, per noi due fratelli e una sorella. Tanto che io dico che su quella monoposto di F.1 in realtà eravamo in quattro, in quanto lui ci rappresentava tutti, perfettamente. Ecco, costituivamo una specie di organismo unico e lui era la nostra punta di diamante. Pensa, quindi, quanto siamo restati sgomenti, feriti, traumatizzati dalla sua perdita … Addirittura io per lustri non ho neanche voluto sentir parlare di corse, tanto mi sentivo scottato. Poi, gradualmente, mi sono riavvicinato all’ambiente, anche prendendo atto con piacere che Elio non è stato affatto dimenticato. La verità è che ci ho messo trent’anni per fare la pace col mondo dei motori, che prima non riuscivo più a guardare neanche con gli occhiali da sole. Ma adesso è diverso, tutto mi sembra più dolce. Penso anche al bellissimo libro appena uscito su mio fratello, scritto dal bravo Gian Luca Teodori, che ha colto in pieno l’essenza di Elio. Restituendocelo nelle sue pagine in modo delicato, esattamente come lui era veramente.
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