De Angelis è ricordato per educazione, signorilità e simpatia. Oltre che per quella sua grande passione chiamata pianoforte.
Elio de Angelis è uno dei più grandi piloti che l’automobilismo italiano abbia prodotto sul finire degli anni ’70 e i primi anni ’80. Elio non ha potuto dimostrare tutto il suo valore per il tragico incidente al circuito Paul Ricard del 14 maggio 1986. Un ragazzo eccezionale per signorilità, educazione e simpatia. Appena s’imbatteva in un pianoforte non c’era stanchezza o lunga giornata in pista che gli impedisse di suonare con sorprendente maestria.
Tanti ricordi affolano la mia memoria. Da quando lo vidi su un circuito di F3 e mi colpi per velocità e pulizia di guida, al primo encontro con papà Giulio per trovare l’accordo per il debutto con l’allora Team Everest in F2 a Misano con la Ralt-Ferrari, al capolavoro di Magione quando nello stesso anno, pur partendo in ultima fila, vinse gara e titolo italiano di F3. O la vittoria a Montecarlo ’78 davanti a Siegfried Stohr e a un certo Alain Prost.
Proprio a seguito di quel titolo si presentò al via del Campionato Europeo di F2 con la Chevron-Ferrari del Team Everest. Andò così bene che fu chiamato per un test sulla Ferrari 312 T3 di Formula 1 a Fiorano dove fece segnare tempi eccezionali.
Il contratto di Elio prevedeva un’opzione a favore della Ferrari, opzione che il Commendatore avrebbe anche esercitato dopo l’incidente di Villeneuve in Giappone, ma non si concretizzò per divergenze tra il padre di Elio e l’ingegner Ferrari che, nonostante la mia mediazione, furono considerate insuperabili da papà De Angelis.
L’ultima volta che ho incontrato Elio erano le 7 di domenica 11 maggio 1986. Eravamo al porto di Monte Carlo: lui era sceso della sua barca e stava passeggiando nervosamente avante e indietro (si era qualificato solo 20esimo con la Brabham BMW). Anch’io vagavo per smaltire l’arrabbiatura della mancata qualifica del sabato con Nannini e De Cesaris, sfumata negli ultimi minuti per guasti tecnici a entrambe le vetture. Elio mi confessò che con la “sogliola” Brabham BT55 non si trovava a suo agio e il deludente inizio stagione, oltre la brutta qualifica di Monaco, erano il risultato di questa situazione.
All’improvviso accennò un sorriso e mi disse: “Riccardo (Patrese) mi ha lasciato la vettura per le prove che doveva fare lui al Ricard. Vado a fare i test per vedere se trovo soluzioni e familiarità con la vettura”. Quattro giorni dopo, per um crudele destino, proprio al “Paul Ricard” di Le Castellet, per um guasto tecnico in prova, Elio purtroppo ci lasciava.
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